Con il Documento Note e Studi n. 7/2022, Assonime torna sulla questione della compatibilità tra la carica di amministratore di società di capitali e quella di dipendente della medesima, più volte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità.
In prima battuta, sotto il profilo civilistico, viene ricordato che vi sono due teorie in merito alla natura giuridica del rapporto che lega l’amministratore alla società:
– quella organica, secondo la quale l’amministratore si immedesimerebbe organicamente nella persona giuridica che rappresenta;
– quella contrattualistica, secondo la quale amministratore e società sarebbero due soggetti distinti legati da un rapporto contrattuale, con la conseguenza che l’immedesimazione organica tra amministratore e società rileverebbe solo nei rapporti con i terzi e non in quelli interni.
Nel corso degli anni, giurisprudenza e dottrina maggioritarie sembrano aver aderito alla seconda tesi, con il risultato che, nei rapporti interni tra società e amministratore, è reputata ammissibile l’instaurazione di un autonomo rapporto di lavoro subordinato, sempre che possa provarsi l’effettivo assoggettamento dello stesso soggetto al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo amministrativo della società nel suo complesso.
In tale ottica, andrebbero soddisfatte le seguenti condizioni, elaborate dalla giurisprudenza di legittimità e dall’INPS (messaggio n. 3359/2019):
– il potere deliberativo, diretto a formare la volontà dell’ente, deve essere affidato all’organo collegiale di amministrazione della società nel suo complesso e/o a un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale, il quale esplichi un potere esterno;
– occorre dimostrare la sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e, cioè, dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale cui appartiene;
– il soggetto deve svolgere, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società.
Soltanto nell’ipotesi dell’amministratore unico le due qualifiche non possono coesistere, atteso che, in tale ipotesi, la compresenza nella stessa persona dei poteri di rappresentanza, direzione e controllo della società renderebbe di fatto il lavoratore “datore di lavoro di se stesso”.